di Giada Sundas

Ho trascorso gli ultimi due anni a fare la madre da manuale. Ancora prima che mia figlia nascesse, ero già iscritta a tutti i gruppi di pedagogia, avevo letto decine di libri sul metodo montessoriano, studiavo e memorizzavo ogni articolo di maternage trovato in rete e organizzavo attività psico-sticazzi-sensoriali divise per età.
Avevo già deciso che madre sarei stata, le regole che avrei imposto, gli insegnamenti che mia figlia avrebbe ricevuto e spesso iniziavo i miei discorsi con “quando sarò madre…”, “mia figlia non farà mai…”, “non le permetterò di…”.

Poi lei è nata.
Le cose si sono dimostrate più difficili di quello che pensavo, mi sono attenuta più possibile alle nozioni che avevo imparato, ho cercato di essere più coerente possibile con quello che avevo deciso di essere a discapito di quello che invece ero, ho contato fino a dieci, fino a venti, fino a mille quando la pazienza sembrava essersi prosciugata ed ogni sera, con lo sguardo al soffitto e le gambe molli, facevo il resoconto dei miei sbagli e la promessa di essere una madre migliore il giorno seguente. Sono state davvero poche le sere in cui non avevo nulla di cui rimproverarmi, le giornate in cui sono riuscita ad attenermi ai manuali.
Per due anni non ho mai detto brava a mia figlia, perché avevo letto che innesca un meccanismo rafforzativo, tipo cavallo con lo zuccherino, in cui il bambino compie un’azione solo per essere gratificato.

Fino al compimento dei due anni mia figlia non ha mai visto la televisione, perché avevo letto che le attività passive inibiscono chissà che cazzo nel cervello dei bambini molto piccoli.

Fino a due anni non ha mai mangiato un Pan di Stelle, una patatina, un würstel… Solo carotine, lenticchie, pesti di zucchine e lacrime, osceni biscotti di farro senza zucchero, senza lievito, senza burro e senza dignità.

Mia figlia non ha mai preso in mano un cellulare o un tablet, non è mai stata punita né ha mai ricevuto uno sculaccione, non è mai stata allo zoo, non ha mai bevuto la Coca Cola… Tutto questo mi è costato non poca fatica.

Poi un giorno mi sono fermata a riflettere e ho capito che essere genitori non è difficile: essere il genitore che hai deciso di essere è difficile, essere il genitore che ti viene di essere è la cosa più facile del mondo. L’ho capito guardando il padre di mia figlia, che semplicemente seguendo il suo istinto e il suo buon senso senza aver mai letto né essersi mai documentato sulla genitorialità, si è dimostrato un genitore migliore di me e lo ha confermato l’esame più duro e veritiero di tutti: il giudizio di nostra figlia. Lei l’ha sempre adorato e preferito a me. Questo è stato un altro motivo di rimprovero verso me stessa, sentivo di aver fallito in tutto, fino a che mi sono fatta un esame di coscienza e ho capito che mia figlia ama e rispetta suo padre perché io amo e rispetto suo padre. Mi sono accorta che gli insegnamenti più significativi gliel’ho trasmessi mentre non le stavo insegnando nulla, perché per fare il genitore non bisogna fare, basta essere.

I bambini sono argilla umida, tele bianche, vinili senza solchi che aspettano di essere trasformati, ma noi non li modelleremo, non li dipingeremo, non li incideremo, noi ne saremo spettatori silenti. Possiamo solo essere muse.

Così ho lavorato su me stessa, mi sono resa una persona migliore per rendere lei una persona migliore, ma soprattutto, ho deciso che nessuno può essermi giudice nel duro lavoro di genitore, nemmeno la sottoscritta.

(l’immagine di copertina è di Giada Sundas)

Ventitreenne, nata sul margine friulano ma trapiantata tra le risaie vercellesi, Giada Sundas condivide la vita con un croato di un metro e novanta con il quale ha donato al mondo la continuità dei suoi geni: Mya.

Nella vita fa tante cose, tutte male, la madre soprattutto.

La sua passione sono le parole, la magia dovuta all’incastro delle lettere che strutturano la poesia. Legge cinque ore al giorno, scrive sei, dorme tre e nel tempo che avanza scongela Cordon Bleu al microonde.

Il suo sogno è vivere di scrittura, ma anche essere magra non le dispiacerebbe.

mm
Il progetto Il Club dei Genitori nasce dall’incontro professionale e umano di alcune madri, provenienti da ambienti diversi ed accomunate da quell’enorme salto nel vuoto che è la maternità. Quando tutto cambia: prospettive, tempi, ruoli, equilibri, ed in poco tempo è necessario trovare un nuovo assetto e ricollocare ogni pezzo della propria vita per fare spazio al nuovo arrivato.