LA REDAZIONE in collaborazione con LE QUERCE

Il 14 ottobre il Club dei Genitori ha organizzato, grazie alla preziosa collaborazione con il Vox Day e il suo Festival KME dal titolo “Nel nome del Figlio”, un’intera giornata nella quale, senza retorica e cercando di andare oltre i luoghi comuni, si è parlato con profondità di genitorialità con ospiti d’eccezione e attraverso importanti riflessioni.

 

Partiamo dalla mattina!

Il simposio dal titolo “Cosa si sceglie (non) diventando genitore” si è districato tra le maglie di due concetti fondamentali: da un lato l’ammettere il diritto di scelta dell’acquisizione del ruolo genitoriale che, a prescindere dalla presenza di motivazioni o limitazioni fisiche o biologiche, legittima egualmente la scelta come la non scelta. Abbiamo pertanto parlato con Marilisa Piga, regista dell’importante documentario Lunadigàs, della necessità di ammettere e ribaltare l’idea che la donna debba provare l’intrinseco desiderio, istinto, ambizione al diventare genitore e acquisirne le responsabilità personali e sociali, così come la necessità di andare oltre alla banalizzazione della dicotomia altruismo/egoismo tra la donna che sceglie di essere madre e chi invece non compie la stessa scelta.

Foto Gianluca Ciotola

Abbiamo poi esplorato il secondo aspetto, contenuto nel titolo del simposio, ovvero Cosa si sceglie… chiedendoci se esiste veramente una informazione chiara e trasparente su tutto ciò che può essere l’esperienza dell’acquisizione del ruolo genitoriale o, se piuttosto, continuiamo a perpetuare modelli che ne raccontano e esaltano solamente una minima parte, per lo più esclusivamente desiderabile. La dott.ssa Alessandra Bramante, Psicologa, Psicoterapeuta perinatale e Criminologa già nostra ospite nell’importante convegno organizzato un anno fa sempre dal Club dei Genitori, ha esposto con chiarezza la complessità dell’acquisizione del ruolo genitoriale, spesso legato a pressioni interne o sociali che non permettono di vivere consapevolmente la propria scelta così come le proprie conflittualità che, inevitabilmente e per processi regressivi intrinsechi alla gravidanza/maternità, possono emergere con forza più o meno evidente e che necessitano di occasioni che ne permettano la fondamentale e naturale esternazione.

Foto Gianluca Ciotola

Un contributo prezioso che ci ha condotto verso la trattazione degli aspetti anche patologici collegati alla maternità, all’interno di quadri non estremi (sebbene anche questi meritino di essere trattati per essere meglio compresi e prevenuti), ma che spesso rimangono avvolti in aloni di tabù sia familiare, ma anche dagli stessi operatori sanitari. Ecco dunque che l’intervento svolto dal Dr Gianluca Pillai, Psichiatra, Psicoterapeuta e Dirigente medico P.O.SS. Trinità di Cagliari ha posto l’accento sull’importanza, oggi realistica, di poter trattare farmacologicamente molte situazioni di gravidanze che presentano quadri patologici, il cui espandersi sarebbe molto più preoccupante che non la compresenza di una terapia farmacologica con il percorso della gravidanza. L’importanza quindi di (ri)-conoscere i quadri psicopatologici, siano essi medi o gravi, come lavoro di equipe medica, fondamentale per sostenere la salute della donna come lo sviluppo di un’adeguata relazione d’attaccamento madre-bambino.

(A tal proposito in appendice inseriamo un interessante inserto prodotto dall’associazione Le Querce sull’importanza del riconoscimento dei diversi stadi di disagio in gravidanza e l’importanza di condividerli).

Foto Gianluca Ciotola

Abbiamo completato la sessione della mattina proprio sul concetto di comunicazione, con un intervento veramente interessante, portato dalla Prof.ssa Ester Cois, ricercatrice e professoressa aggregata DISSI Università Studi di Cagliari con la quale il Club dei Genitori vanta importanti collaborazioni, sul concetto di comunicazione nello spazio pubblico.

A partire dai risultati di una raccolta dati, effettuata dal Club dei Genitori in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari, e recentemente portata in un importante simposio in Norvegia, relativa alla percezione di genitori di figli tra i o e 3 anni dei servizi a loro disposizione nell’espletamento del loro nuovo ruolo, la Prof.ssa Cois ha messo in evidenza l’illuminante riflessione sul concetto di comunicazione sulla scena pubblica, ovvero come l’organizzazione di uno spazio pubblico veicoli dei messaggi sul grado di accoglienza di determinate identità/categorie e dei bisogni di cui sono portatrice, nella scena pubblica. In quest’ottica il neogenitore si ritrova a vivere spesso il controsenso sociale di cui nessuno (gli) parla prima…viviamo in una società che invita le coppie a creare una famiglia e mettere al mondo dei figli, per poi ritrovarsi in una organizzazione sociale che non è assolutamente organizzata per sostenere in primis la famiglia, ma anche il vivere urbano di quelle specifiche categorie di cittadini (pensiamo ai marciapiedi in cui dovrebbero passare i passeggini, i tubi di scarico macchine a altezza bimbo, la struttura urbana in generale e i suoi (non) servizi).

Ecco quindi che, grazie anche al pubblico che ha partecipato e animato il dibattito successivo, ci siamo ritrovati a compiere un altro importante tassello di informazione e conoscenza sul nostro territorio su un tema tanto importante quanto intrinseco nella vita di ciascuno cittadino, che sia a livello personale, sociale o di politica pubblica: essere promotori di vita e le responsabilità che con questo processo si intersecano.

  

APPENDICE A CURA DELL’ASSOCIAZIONE LEQUERCE

A cura della Dott.ssa Elisabetta Tuveri

ft. Chiaroscuri nella Maternità di Gisella Congia

Le mamme lo sanno: sono 9 mesi di attesa, dove hai immaginato il tuo bambino, te stessa come mamma, hai immaginato come sarebbe stata la vostra nuova vita di coppia, poi finalmente sei mamma!

Ora puoi stringere tra le braccia la piccola vita che hai portato in grembo per nove mesi. Il tuo umore è alle stelle e non vedi l’ora di tornare a casa per cominciare a occuparti da sola del tuo bambino. O forse no, ti senti triste, ansiosa, piangi apparentemente per niente. O forse no, all’inizio va tutto bene, ma dopo qualche settimana non sei più felice, sei stanca, priva di stimoli, ti senti invasa da pensieri cupi, negativi, non riesci più a dedicarti a tuo figlio.

Cosa sta succedendo?

Potrebbero essere i sintomi del maternity blues o di una depressione post partum.

La depressione post-partum, è un disturbo dell’umore che colpisce il 10-20% delle donne nel periodo immediatamente successivo al parto. Nelle prime settimane dopo il parto però si preferisce parlare di maternity blues, ovvero un disturbo piuttosto diffuso e che non necessariamente si trasforma in depressione post-partum.

Non sempre è facile accorgersi che qualcosa non va, anche perché spesso le donne colpite tendono a sottovalutare, minimizzare o nascondere i sintomi, anche per corrispondere all’idea di maternità condivisa dalla società.

Quindi è molto importante il supporto che la donna può ricevere dal proprio compagno, da un familiare o un’amica per essere incoraggiata a chiedere aiuto. Il padre ha un ruolo fondamentale, in quanto è un osservatore privilegiato dei cambiamenti che avvengono nella nuova famiglia, quindi può aiutare la donna a chiedere aiuto se lei non è in grado di farlo.

Perché arriva la depressione post partum?

Difficile dare una risposta univoca, ma si possono individuare alcuni tra i fattori di rischio:

  • aver sofferto di ansia o depressione durante la gravidanza, o in precedenza
  • familiarità per disturbi psichiatrici
  • vivere o aver vissuto di recente situazioni molto stressanti
  • vivere una condizione di scarso supporto familiare o sociale, con precarietà dei rapporti affettivi e mancanza di reti sociali a cui fare riferimento in caso di difficoltà.

Cosa succede al bambino se la mamma è scoraggiata, sconfortata, depressa?

ft. Chiaroscuri nella Maternità di Gisella Congia

 

In questi casi viene meno la possibilità di entrare in sintonia con i bisogni del proprio bambino, che è il primo, fondamentale passo per la costruzione di un attaccamento di tipo sicuro.
Gli studi scientifici dicono, che se la depressione post parto della mamma non viene curata, i bambini possono andare incontro a disturbi emotivi, ma anche cognitivi e fisici, nei casi di psicosi post parto, che sono forme particolarmente gravi di depressione, il bambino può diventare una tale fonte di angoscia per la mamma che questa può arrivare ad odiarlo e a manifestare nei suoi confronti fantasie aggressive.

E’ fondamentale per la mamma, comprendere il suo stato d’animo, ascoltare le proprie emozioni e non avere il timore di chiedere aiuto e rivolgersi ad un professionista specializzato (psicologo/psicoterapeuta), che ha il ruolo di guidarla e accompagnarla verso il riconoscimento e l’accettazione del suo nuovo ruolo di mamma, donna e compagna.

mm
Il progetto Il Club dei Genitori nasce dall’incontro professionale e umano di alcune madri, provenienti da ambienti diversi ed accomunate da quell’enorme salto nel vuoto che è la maternità. Quando tutto cambia: prospettive, tempi, ruoli, equilibri, ed in poco tempo è necessario trovare un nuovo assetto e ricollocare ogni pezzo della propria vita per fare spazio al nuovo arrivato.