(Leggi la prima parte) Eccoci al Café dove ci riuniamo a Clementina e Diego, Elisa e Ilyas per passare un paio d’ore in compagnia, riparandoci dal freddo, rifocillandoci e chiacchierando delle loro esperienze di vita in Germania.

Clementina e Martina abitano nei paraggi e sono venute a piedi, Elisa col tram facendo un cambio. Tutte concordano con Maria sul quanto sia facile spostarsi autonomamente grazie alla fitta rete di collegamenti, alla facile accessibilità dei mezzi e tutte riportano gli stessi imprevisti, quali l’ascensore guasto o le linee particolari di autobus o di tram, che fermano in mezzo alla strada e su cui salire e scendere è piuttosto faticoso. Come sempre la collaborazione di altre persone è necessaria e gradita, e in alcuni quartieri viene offerta con più spontaneità che in altri.

Come entriamo, Clementina si trova con Diego nella stanza attigua, dove è allestita una cucina a disposizione dei clienti: è utilizzata per i corsi di cucina, può essere affittata per fare cene di gruppo e resta sempre a disposizione dei genitori che vogliono preparare o scaldare il pasto per i loro bimbi. Infatti lei sta scaldando il pranzo portato da casa per Diego, 9 mesi, che aspetta seduto sul tavolo. Mi parla del quartiere in cui siamo e in cui lei vive: Boxhagener Platz è un Kiez (zona della città) molto familienfreundlich (a dimensione di famiglia, tant’è che presenti nel locale oltre a noi ci sono altre mamme coi loro bimbi che pranzano), ma anche molto attivo culturalmente e divertente: questa è una caffetteria, come altre nei paraggi, in cui ci si può fare da mangiare, prendere qualcosa da bere e mettersi comode sui divani, con molto spazio per i passeggini. “Solo quando esco di casa riesco a rilassarmi davvero con Diego, mi bevo qualcosa sul divano di un caffè e lui non vuole subito salire in braccio. Inoltre qui a Friedrichshain ci sono molti Familienzentren (centri “pubblici” per le famiglie, ve ne parlerò più avanti). Anche le altre mamme concordano sull’utilità dei Familienzentren (“…sono una svolta!”), che sono un po’ più organizzati delle ludoteche italiane, in quanto offrono spazi e attività sia per i bimbi grandi che per i più piccolini; nel pomeriggio mi porteranno al Famox, uno dei loro preferiti. Per Martina in realtà ora che la sua Vittoria ha 12 mesi ed è molto impegnata nella scoperta del cibo, un posto come questo non è il massimo della comodità, lei preferisce andare in posti meno “cozy” e più “scacioni” dove si trovano facilmente i seggioloni per farla sedere e divertirsi a provare quello che mamma e papà mangiano.

Domando loro se ci sono volte in cui devono rinunciare a fare qualcosa coi loro bimbi qui a Berlino.

Per Martina un grosso limite è il fatto che non ci siano ascensori in alcuni negozi a più piani, come Humana (grande catena di abbigliamento di seconda mano). In quel caso per andarci coi bimbi nel passeggino significa essere almeno in due.

Berlino è caratterizzata da un piccolo particolare: nella maggior parte dei palazzi con molti piani l’ascensore non esiste! Paradossalmente ne sono più fornite le stazioni rispetto alle abitazioni e ai negozi.

Altra nota dolente è che nei bar e nei club si fuma ancora: per Clementina e le altre ciò ha significato non poter più partecipare alle feste degli amici organizzate in quei locali (e sono davvero tanti e interessanti) già in gravidanza, ma ancor di più dopo la nascita dei loro figli. Martina sarebbe andata a ballare anche incinta, ma non poteva proprio a causa del fumo: “Questo rispetto all’Italia è uno svantaggio, perché lì il divieto c’è ovunque e la separazione sala fumatori/non fumatori, in Germania invece dove si mangia non si fuma, ma dove si beve e si balla per lo più si tratta solo di locali per fumatori (e vietati ai minori). Qui essere incinta o avere un bimbo piccolo può compromettere o influenzare la tua vita sociale.”

E quali esperienze avete fatto nell’allattare in pubblico in Germania e in Italia?

Nessuna si pone in generale problemi ad allattare in pubblico quando necessario, lo fanno serenamente sia qui che in Italia, in ogni luogo e con ogni clima e sentono che la cosa è anche ben tollerata. Per alcune mamme, in situazioni pubbliche del sud Italia ci sono state esperienze differenti, qualcuna si è sentita osservata e oggetto di borbottii, per altre invece, simili contesti sono stati caratterizzati da libertà e solidarietà.

Maria racconta un aneddoto di una conoscente tedesca che al nord della Germania, sul mar Baltico è stata redarguita e maltrattata al ristorante dalla cameriera che le ha chiesto se non potesse fare “queste cose” in albergo.  Nel 2016 invece ha avuto grande risonanza l’episodio di una donna che in uno dei quartieri berlinesi più kinderfreundlich è stata “invitata” a lasciare il locale perché stava allattando al seno il suo bambino di tre mesi; questo episodio ha subito portato a una forte reazione della comunità e della donna, che hanno portato davanti al Senato una richiesta di tutela legislativa dell’allattamento (https://www.facebook.com/schutzfuerstillendemuetter/). Episodi del genere, anche se isolati, sono purtroppo presenti anche qui in Germania.

Elisa e Maria, che hanno esperienza di genitorialità all’interno di coppie biculturali, dove quindi i due genitori provengono da contesti culturalmente differenti, riportano situazioni più articolate e in cui in ogni caso il seno è considerato importante per la salute del bambino. In ambiente vietnamita, quando Maria allattava Filippo, le donne della famiglia le offrivano un fazzoletto per coprirsi, “per isolare il piccolo dal mondo”, fazzoletto che lei regolarmente rifiutava per non limitare il contatto visivo tra loro e la curiosità e le interazioni del piccolo durante la poppata. Elisa invece ha un compagno musulmano: “Ho allattato nel ristorante iracheno con il fazzoletto davanti al seno, ma a coprire solo quella parte di capezzolo che poteva essere visibile; in generale le donne musulmane allattano solo se sono tra donne, oppure con un velo/tovagliolo che copre completamente il seno e il bambino. Al mio compagno non dà fastidio che io lo faccia liberamente quando siamo in ambiente tedesco, ma in ambiente musulmano preferisce che io usi questo espediente, perché sa che alcuni uomini potrebbero guardare con troppo interesse il mio corpo.” Nonostante questo Elisa allatta ovunque, in qualsiasi momento e si veste sempre come desidera, ponendo solo un po’ più attenzione a quelle situazioni che lei percepisce come più delicate per il suo compagno.

Il prossimo tema di cui chiacchieriamo è quello del cambiare i bimbi in giro: Come Maria, anche loro vanno tutte al “dm” coi pannolini gratis! O nei Familienzentren. Usano fasciatoi nei Café e ristoranti e, se proprio ne sono sprovvisti, Elisa chiede se può mettere un asciugamano sul divano per cambiarlo direttamente lì, cosa che le è sempre stata concessa senza difficoltà. E in Italia? Martina nelle sue vacanze a Caporizzuto ha sempre trovato fasciatoi nei ristoranti e in generale non ha incontrato troppe difficoltà nel cambiare Vittoria in giro. Le altre mamme percepiscono una significativa differenza nella disponibilità di adeguati spazi di sostegno alle pratiche necessarie per i genitori on the road in Italia, ma il clima (o temperature favorevoli) permette di cambiarli all’aperto sul passeggino, in macchina o sul pavimento con sotto un teletto. Anche qui, come in Italia, i fasciatoi pubblici, però, sono quasi sempre solo nel bagno delle donne*, dando ovviamente per scontato che questo sia un compito unicamente femminile… ma Ikea docet!

Insomma, gli strumenti ci sono, ma che Berlino sia a misura di bambino non è vero dappertutto. Clementina: ”Dipende dai quartieri, a Kreuzberg stanno proprio inguaiati!” Così come a Neukölln, dove Elisa ha vissuto da single prima della nascita di Ilyas. Sono quartieri con un’intensa vita culturale, artistica e sociale, molto divertenti, ma non adatti a fornire la tranquillità desiderata quando si hanno dei bambini, perché più rumorosi e sporchi di Charlottenburg, Pankow, Prenzlauer Berg e altri quartieri per lo più abitati da famiglie.

Per Martina, che abita a Friedrichshain, questo quartiere non è male, ma le pesa molto che la gente non sia cortese: “Io saluto sempre il postino e lui mai, sui mezzi Vittoria sorride a tutti e nessuno reagisce, forse qualche signora anziana ogni tanto”. Spesso è percepito anche dalle mamme tedesche quanto la gente nei paesi del sud Europa sia più affabile e comunichi più volentieri coi bambini. Per noi questa consapevolezza è molto forte e destabilizzante, perché appartiene anche al nostro contesto di crescita e alla nostra identità; non solo si percepisce un atteggiamento che manca qui, ma ci si preoccupa anche molto del fatto che i nostri bambini non potranno godere di questa specie di premura culturale che noi conosciamo. Questo punto verrà ripreso più volte da altri genitori che incontreremo nel pomeriggio.

Clementina e Maria chiariscono come stanno le cose per loro: “Qui non sorridono, non ricambiano il sorriso ma c’è civiltà… aiutano ma non riescono a sorridere davvero.” E secondo me è un’immagine che rende molto bene l’idea.

Mentre siamo nel Café a fare delle chiacchiere, il bell’addormentato Filippo è rimasto a dormire fuori nel passeggino, sistemato proprio davanti al vetro dove siamo sedute noi, sotto gli occhi vigili ma rilassati della mamma. È assolutamente normale vedere nei mesi freddi i bimbi addormentati nei passeggini parcheggiati all’esterno dei bar e dei Café mentre i genitori si scaldano dentro. È però una scelta sicura e consapevole, in quanto i passeggini in versione autunno-inverno sono attrezzati con pelli di agnello e sacchi-piumino, in cui i bimbi sono completamente isolati termicamente, garantendo loro una traspirazione ottimale. Come già detto, nonostante il buio e il freschetto che caratterizza il Nord della Germania nelle stagioni meno miti, le mamme coi bimbi escono quotidianamente e anche per diverse ore al giorno. Quel poco di luce che c’è bisogna prendersela! Così succede che se camminando il pargolo si addormenti nel passeggino avvolto in strati e strati di materiale termico e venga poi portato in un ambiente chiuso e riscaldato, nel giro di pochi minuti inizierà a sudare copiosamente svegliandosi e, nervoso e sudaticcio, appena poi rimette fuori il naso sia più esposto ad ammalarsi. Inoltre sono pochissimi i locali che possono permettersi per questioni di spazio di far entrare tutti i passeggini e invitano i genitori a lasciarli fuori. A quel punto la scelta è tra il non interrompere il sonno del bambino e averlo vicino e ogni genitore decide cosa è meglio per sé e la propria prole.

Insomma, la prima volta che si incontrano queste situazioni fa sempre uno strano effetto, ci si preoccupa per il bambino solo e soletto fuori, ci si chiede se il legame madre-bambino sia saldo, se si debba chiamare la polizia, ma in realtà è tutto in ordine e perfino sano! E come al solito in alcuni quartieri è più frequente vederlo che in altri.

Ora è il momento per qualcuna di andare a casa a fare le valigie e per le altre di guidarci alla scoperta dei paradisi delle Desperate Mothers, i Centri per le Famiglie dei quartieri. Una bella passeggiata nel freddo e luminoso pomeriggio invernale.

…alla prossima puntata!

 

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Silvia Bonapace è nata a Bologna nel 1983, è laureata in Psicologia ed è educatrice perinatale in formazione. Vive a Berlino col compagno e i figli dal 2013. In Italia ha collaborato con l’Università di Bologna in progetti di ricerca su benessere, disagio perinatale e maternità transculturale. Attualmente in Germania lavora con la comunità italiana, migrante e tedesca, occupandosi di sostegno psicologico, promozione della salute, empowerment nella genitorialità e nel percorso nascita. É socia fondatrice dell’associazione Salutare per la salute mentale degli italiani in Germania.
Segue la rubrica Genitori FuoriSede.