Dopo il parto prettamente due sono le figure professionali che attendono i neo genitori, per sostenerli nel loro percorso di accudimento: il pediatra e l’addetto alle vendite del negozio specializzato in prodotti per l’infanzia.

Facciamo tre dai, ci mettiamo anche un bravo farmacista.

(Piccola nota a margine: ultimamente va meglio, sono fortunatamente presenti sempre più realtà capaci di affiancare i neogenitori, aiutandoli nelle diverse pratiche, penso in primis all’allattamento ma non solo a quello; laddove esiste una smaccata inadeguatezza di strutture pubbliche c’è un fiorire di associazioni e di professionisti preparati e al passo con i tempi, purtroppo non inseriti tra le prestazioni coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, ma chissà in futuro…)

Ecco di queste figure quelle che ti attendono più a braccia aperte sono senza dubbio i commercianti: essi ti aspettano a volte come il lupo di Cappuccetto Rosso, altre come il carretto delle granite in spiaggia, pronti a esaltare le magnifiche sorti e progressive dei loro prodotti, pronti a incunearsi nei tuoi dubbi, nelle tue notti insonni, tra i mille interrogativi di chi è alle prime armi con un cucciolo, rifilandoti qualsiasi cosa assomigli anche molto vagamente a ciò che stai cercando, con l’atteggiamento fortemente giudicante di Mary Poppins e in qualche sfortunato caso con il piglio del Sergente Maggiore Hartman di Full Metal Jacket (quello che se la prendeva con Palla di Lardo).

Non è sempre così, a volte ci offrono preziosi consigli e ci risolvono piccole fastidiose contingenze, orientandoci con professionalità. Ciò nonostante presto si impara a far fronte all’invadenza entrando in quei luoghi solo dopo una certa preparazione mentale, tattici e bene armati dell’intenzione di non acquistare cose superflue, senza farsi intimidire dall’aggressività della commessa di turno. Una volta sono scappata perché parlando con una di queste avevo detto di usare il cuscinone da allattamento per contenere mia figlia nel lettino e quella aveva urlato “ma non è antisoffoco”. Quello antisoffoco costava 100€, quella che doveva urlare semmai ero io…

Ma quanto costa davvero un figlio? Poco o molto dipende probabilmente, oltre che dalla effettiva disponibilità economica, dall’ansia del genitore e da cosa venga ritenuto assolutamente indispensabile per l’accudimento, fattore questo legato alle mode, alle amicizie, alle tradizioni familiari, alle letture fatte: se sulla prima (l’ansia) non mi permetto di disquisire, vorrei spendere due parole per riflettere sul concetto di indispensabile quando associato all’idea di un figlio.

A sostegno del ragionamento porto la lettura (caldamente consigliata) di Bebé a costo zero, dove Giorgia Cozza elenca i diversi aspetti della cura del neonato e gli strumenti a disposizione dei genitori, spaziando dai prodotti più commerciali alle tecniche meno diffuse, soffermandosi sul rapporto qualità prezzo: scopriamo così che il mitologico trio (navetta+ovetto+passeggino da 500-1000€) può onorevolmente essere preso di seconda mano (e a metà prezzo), o non preso affatto; ninnare il bimbo usando la fascia portabebé fa risparmiare sull’acquisto di cullette autodondolanti, e i costosi saponi da bagnetto possono essere serenamente sostituiti dall’amido di riso, molto più sano molto più economico (3,60€ di barattolo ti dura due mesi). Questi solo alcuni esempi, che riporto in quanto personali. Più in generale, e senza alcun giudizio di merito, ogni soluzione introduce uno stile di accudimento più ad alto contatto, naturale e in linea con gli studi più recenti (allattamento, sonno, coliche, svezzamento…).

Ognuno ha i suoi ritmi, le sue esigenze, la sua storia personale e familiare, non esistono soluzioni uguali per tutti, lo ribadisco nonostante sia ovvio, mi piacerebbe però che le persone potessero valutare da sé considerando le diverse alternative e auspico la sempre maggiore diffusione di questo manuale, affinché la scelta sia maggiormente consapevole.

 

Immersi come siamo in una comunicazione commerciale bombardante ed incentrata sugli stereotipi non ci siamo resi conto di come certi articoli, certamente rivoluzionari al loro ingresso nel mercato, abbiano pesantemente influenzato la buona pratica, finendo con lo schiavizzarci: un esempio per tutti, fino a 50-60 anni fa TUTTI i bambini venivano spannolinati a un anno, alla prima estate utile, con l’avvento degli usa e getta nessuno spannolina prima dei due mezzo-tre anni, spendendo in media 450-600€ in più per figlio.

I prodotti più usati, che costituiscono ormai uno standard, legati alla cura del neonato anche dal punto di vista iconografico, coincidono spesso con quelli sostenuti da un budget pubblicitario gigantesco: non troverete mai la pubblicità dell’amido di riso, e non perché non sia buono, anzi è infinitamente più sano, ma perché il produttore non sarebbe in grado di pagarsi la reclame in tv. Ricordo il caso eclatante dei prodotti Johnson&Johnson, ampiamente reclamizzati, rivelatisi cancerogeni dopo decenni di uso sistematico, anche nelle puericulture, e delle richieste di danni milionarie che la casa produttrice ha dovuto versare.

Largo quindi alle “buone pratiche”, liberate la mente dagli stereotipi, leggete Bebé a costo zero e recuperate il buonsenso e i saggi, antichi, rimedi della nonna.

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Aline Nowé è nata a Cagliari nel 1973 da papà belga e mamma sarda, è laureata in Ingegneria Elettrica, con master in Project Management nelle Costruzioni, e ha lavorato come ingegnere fino al 2014, anno in cui è diventata mamma. Da allora si dedica con passione alla realizzazione di un prototipo di dispositivo interamente biodegradabile, atto alla trasformazione di materiali compostabili in biocarburante (altrimenti noto come Figlia) e a progettare servizi utili per i neo genitori. E’ cofondatrice dell’Associazione Pannolini Lavabili Sardegna.
Co-fondatrice de Il Club dei Genitori, segue le rubriche Pannolini Lavabili, Una mamma portatrice, Cine Club e L’insostenibile leggerezza di una mamma.