Cosa è per gli altri il portare.
Viviamo in una società e il giudizio sociale, della propria famiglia, dei propri amici, conta e pesa a volte come un macigno, quando si è neogenitori; perciò quando si valuta la possibilità di portare con la fascia bisogna tenerne conto e attrezzarsi.
“Signora ma cosa c’è li dentro, un cane? E’ una delle frasi più divertenti che mi siano state rivolte, e non una sola volta. Cioè è più normale aspettarsi un cane piuttosto che un bambino, a contatto con una persona.
Gli anni di circolazione per le strade mi hanno mostrato molte persone intenerite, qualcuna affascinata, moltissimi contrariati. Oltre che essere una pratica ritenuta tipica delle donne africane (in realtà è propria di tantissime culture in tutti i continenti) è ritenuto più faticoso per la madre, pericoloso per il bambino, innaturale, una moda, contrario al corretto sviluppo psico motorio, fastidioso. Perché avere il proprio figlio attaccato come un francobollo negli altri provoca fastidio, sappiatelo.
Fortunatamente i benefici del portare sono sempre più spesso oggetto di incontri informativi e vengono menzionati nei percorsi nascita; piano piano si stanno diffondendo nella nostra cultura e tra qualche generazione credo che nessuno più li ignorerà. Ma per ora non passo inosservata e una mamma con un figlio in fascia genera sicuramente un qualche tipo di reazione nella maggior parte dei passanti.
Ho incontrato molte persone, soprattutto anziani, che hanno commentato molto positivamente. Ricordo una signora che esclamò “quanto mi sarebbe piaciuto se mia madre mi avesse messo così”! Comunque la maggior parte dei passanti alludono a quanto deve stare bene la bimba li dentro, che sta nel posto migliore al mondo per lei, soprattutto le vecchiette.
Mi è sembrato invece che chi storce il naso siano principalmente persone che vengono messe in crisi da quello che vedono.
Sono rimasta abbastanza scossa dal fastidio che mi sono resa conto di avere provocato e ho provato ad analizzare queste reazioni facendo delle ipotesi: forse sono persone cresciute a bassissimo contatto con i propri genitori, che in qualche parte recondita del proprio animo ne soffrono e a maggior ragione ritengono il distacco dalla madre necessario alla crescita, sebbene doloroso. Oppure sono persone che non hanno usato la fascia con i propri figli e anziché provare ammirazione cercano piuttosto di evitare di sentirsi in difetto, rifiutando categoricamente quella modalità: ne percepiscono però in qualche modo la tenerezza e reagiscono esprimendo una serie di critiche e motivazioni personali, elencandomi le ragioni per cui non hanno voluto o potuto portare, peraltro da me non richieste. Questo mi è capitato soprattutto con coetanee o madri più giovani.
Naturalmente il portare non è certo motivo di superiorità, è semplicemente uno tra i tanti modi di accudire, laddove ogni genitore sceglie il meglio per sé e la prole. Nessuna critica per chi fa altre scelte.
(certo sarebbe altrettanto bello non ricevere giudizi nei propri confronti.
Ci sono poi quelli che vedendoti legare in mezzo alla strada ti chiedono preoccupati se vuoi aiuto. A tutti quelli chiedo semplicemente un atto di fiducia: nessun genitore metterebbe mai in pericolo il figlio, nessuno. State sereni sappiamo quello che facciamo.
Cosa rappresentano per me le fasce
Rispondo senza vergogna un bellissimo hobby.
Le compro, le provo, le tengo per un po’, le rivendo, le presto, ne compro altre.
Le colleziono insomma. Non credo di poter descrivere diversamente l’atto di possederne in numero superiore allo stretto necessario. Questo naturalmente è possibile perché esiste un mercato dell’usato che, in discreta misura, consente di rivenderle ad un prezzo, consentendo la compravendita a stretto giro e con poche perdite.
Continuo a interrogarmi su questa passione, peraltro mai provata per altri oggetti.
Questi pezzi di stoffa sono innegabilmente bellissimi, sono tessuti con materie prime di altissima qualità, sono un vero piacere per il tatto e per la vista, ma si potrebbe affermare che le scarpe, i vestiti, gli accessori in genere siano capaci di generare uguale piacere, eppure… Le fasce sono un abbraccio e una coccola tra genitore e figlio, forse questa è la principale differenza rispetto all’abbigliamento; oltre al fatto che ci si sente belle anche tra le mura domestiche, con quelle tele colorate con dentro i nostri figli che dormono. E se per indossare certi abiti ci vuole l’occasione giusta, per indossare un figlio bastano le coliche serali.
Ecco le fasce ormai per me rappresentano il mio angolo di frivolezza in mezzo all’uragano della maternità.
Spesso un genitore non possiede che cinque minuti di fila di tanto in tanto per rilassarsi, non ha più il tempo di vedersi un film, di leggere un libro, a volte manco di truccarsi. I miei cinque minuti di relax, durante i primi anni, sono stati guardare fasce sui gruppi facebook: mi rilassavo a guardare colori, fantasie, sognando la morbidezza del cachemire, quanto fosse sostenitiva la canapa e quanto leggera potesse essere una fascia con una percentuale importante di seta.
Ho conosciuto diverse mamme in tutta Italia, chattato a notte fonda, letto e scritto post che parlavano di vita vissuta oltre che di trama diagonale. Sono entrata in una piccola comunità insomma.
Quando ci si incontra per strada con un’altra mamma portatrice ci sono sguardi di intesa e spesso ci si ferma a chiacchierare come vecchie amiche. Ho stretto nuove amicizie, sono nati gruppi locali, ci si incontra al parco per una merenda o una passeggiata. Le fasce vengono scambiate per brevi periodi chiamati vacanze, dalle quali tornano con regalini e tanti pensieri positivi.
Quando una mamma mi chiede informazioni sono felice di condividere la mia esperienza, aiutarla a comprare una fascia, o indirizzarla verso una consulente del portare. E poi visto che non riesco a smettere di comprarne ho deciso di metterle a disposizione per il prestito, oltre che mettere a disposizione tutto quello che so e la mia esperienza, per facilitare un approccio non sempre immediato, ostacolato da tanti stereotipi e dove è necessaria una spesa che per molti è una barriera.
Per me il portare è stato un veicolo di amore senza il quale oggi non so come sarebbe il mio rapporto con mia figlia, probabilmente ci mancherebbe quella fisicità, quell’intimità che si instaura con l’allattamento, che per noi non c’è stato. Non finirò mai di ringraziare e provare profonda gratitudine a chi mi ha svelato questa prospettiva e iniziato a questa arte.
Concludo invitando chiunque voglia saperne di più a leggere “Portare i piccoli” di Esther Weber (Il leone verde), a cercare i gruppi Facebook Mamme Marsupio delle diverse province sarde o i gruppi nazionali del portare e a cercare gli incontri dedicati al portare, generalmente organizzati da una consulente; infine, se vi fa piacere potete contattarmi su [email protected] se vi va una chiaccherata da mamma a mamma, o andare qui se volete saperne di più sulla fascioteca del Club dei Genitori.