Capita che la vita non vada come ci si aspetti, capita a volte anche drammaticamente. Quello che resta da fare, ci racconta questo film, è riconoscere le possibilità che si presentano nonostante gli eventi drammatici, riuscire ad accoglierle, seguire l’istinto quando ci suggerisce soluzioni originali e apparentemente irrazionali, ma che rappresentano una via di uscita. E allora il cambiamento pian piano si connota di aspetti positivi, compaiono i primi sorrisi su quei volti prima così tesi, fino all’accettazione del nuovo equilibrio.
La storia ha come sfondo la provincia rurale ed ha come protagoniste due donne molto lontane per età e cultura ma con la stessa passione per il ricamo: la donna di mezza età è una professionista affermata che lavora per l’alta moda, la ragazza è una adolescente con grande passione e talento ma nessuna esperienza. Il loro incontro è come due tessere di un puzzle che si abbinano in maniera diversa da come prevede il disegno iniziale ma si trovano a combaciare lo stesso, dove l’incastro è rappresentato dal bisogno di protezione di una ragazzina e dalla necessità, per una donna matura, di una nuova ragione di vita.
La giovane, Claire, ha già lasciato scuola e famiglia fuggendo da genitori distratti e in guerra fra loro, e lascia il suo lavoro dopo aver scoperto una gravidanza indesiderata, frutto di una relazione clandestina. Contemporaneamente l’altra donna perde il figlio in un incidente. Sono entrambe allo sbando, private improvvisamente di un progetto di vita, che ritroveranno ricamando insieme e “adottandosi” l’un l’altra.
Parrebbe che i rapporti umani siano la chiave per superare la sofferenza o quantomeno a me piace dare questa lettura: laddove la famiglia tradizionale è totalmente assente, esempio di trascuratezza e aridità, il film mostra la possibilità di costruirsi un nuovo legame affettivo, partendo da una passione comune che diventa rapporto materno e scioglie il nodo legato all’accettazione della nuova vita in arrivo. In una realistica rappresentazione della vita reale l’accettazione del proprio ruolo materno passa per la propria inquietudine di figlio, attraversandola per approdare ad una soluzione “allargata”, non scontata e lontana da logiche stereotipate.
Con buona pace dei sostenitori della famiglia tradizionale prevale la legge del cuore, di chi la famiglia l’ha trovata nel senso di protezione di una sconosciuta in un momento di solitudine.
Le ricamatrici è un film del 2004 diretto da Éléonore Faucher, ha vinto diversi premi e la colonna sonora si avvale del contributo dei Louise Attaque, che personalmente amo moltissimo.
Guardatelo, è tempo speso bene.

 

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Aline Nowé è nata a Cagliari nel 1973 da papà belga e mamma sarda, è laureata in Ingegneria Elettrica, con master in Project Management nelle Costruzioni, e ha lavorato come ingegnere fino al 2014, anno in cui è diventata mamma. Da allora si dedica con passione alla realizzazione di un prototipo di dispositivo interamente biodegradabile, atto alla trasformazione di materiali compostabili in biocarburante (altrimenti noto come Figlia) e a progettare servizi utili per i neo genitori. E’ cofondatrice dell’Associazione Pannolini Lavabili Sardegna.
Co-fondatrice de Il Club dei Genitori, segue le rubriche Pannolini Lavabili, Una mamma portatrice, Cine Club e L’insostenibile leggerezza di una mamma.