Nello scrivere per questo blog attingo dall’esperienza di donna, madre e psicologa italiana in Germania. Cerco di conoscere e capire la realtà diversa e sconosciuta in cui mi trovo, oscillando tra le spiegazioni che mi do a partire dalla mia limitata e privilegiata esperienza e l’essere consapevole che tali generalizzazioni sono riduttive e potenzialmente pericolose, ma una scorciatoia necessaria alla mia mente per sentirsi meno disorientata e insicura.

Sono arrivata a Berlino che era aprile di qualche anno fa, per assolvere a 6 mesi di tirocinio postlaurea all’estero e dopo 3 mesi abbiamo deciso di restare o meglio di non tornare in Italia per un bel po’.

Per buona parte del nostro primo anno berlinese abbiamo vissuto una vita di sorpresa continua, quasi una lunga vacanza in un paese fresco ma luminoso, dove tutto era alla portata di tutti, le cose funzionavano, dove potevi mangiare fuori in qualsiasi momento e a qualsiasi prezzo, e dove la gente lasciava cose in giro per la città in regalo ai passanti.

La cosa però che più mi ha colpito inizialmente è stata la calma placida e soddisfatta delle mamme, anche di quelle con 2, 3, 4 figli. Di solito sfornati nell’arco di pochi anni. Le vedi in giro con passeggini fichissimi, marsupi coloratissimi e bambini dueenni che sfrecciano sulle biciclettine senza rotelle. Non gridano, MAI, non si arrabbiano, MAI, non vanno in ansia, MAI se il bambino cade o se sfreccia a 20 metri davanti a loro in direzione incrocio stradale. Perché i bambini sfreccianti si fermano regolarmente mezzo metro dalla fine del marciapiede. Gliel’ha insegnato la maestra all’asilo.

Il primo forte impatto con un modo diverso di vivere la maternità l’ho avuto uno dei miei primi pomeriggi domenicali in un parco superfrequentato e mi ha dato molto su cui riflettere.

C’era una giovane coppia con una bimba di un paio d’anni (sempre sullo sfrecciante biciclettino) e una neonata di pochi mesi che se ne stava sdraiata tra le gambe della mamma sulla coperta posata sul prato.

La figlia n°1 si è avvicinata a cavallo del suo biciclo alla madre per raccontarle qualcosa, e ha fermato la ruota a 5 cm dalla testa della sorellina. La madre non ha detto nulla, ha cambiato leggermente posizione del piede e lo ha piazzato tra la ruota e la testa della figlia n°2. E si è messa in ascolto, autenticamente concentrata su quello che diceva la figlia n°1. Senza drammi, senza agitazione, senza preoccupazioni. Senza far allontanare ne spostare la figlia n°1 per paura che potesse schiacciare la figlia n°2. Pochi minuti dopo la giovane biciclista se ne è tornata serena ai suoi giochi. E la mamma a interagire sorridendo con la piccolina sdraiata al sole.

Nessuno si è spaventato, sentito in pericolo e pericoloso, sentito inadeguato, ne respinto anche solo di pochi centimetri.

Quotidianamente, da tre e passa anni, io e così anche molti altri genitori che conosco provenienti dall’Italia, ci confrontiamo con questo modo differente di educare e notiamo in noi una più che vaga somiglianza con la più rumorosa e presente arte genitoriale di cui si può fare esperienza nei cosiddetti quartieri turchi di Berlino.

Di solito cominciamo a sentirci inadeguati, facendo autocritica sul proprio modo di essere genitori così emotivamente impulsivo. Ci pare di arrabbiarci troppo, urlare senza motivo, innervosirci per delle cavolate coi nostri figli e andare in ansia per un nonnulla.

In seguito iniziamo ad apprendere da quello che osserviamo e sperimentiamo coi colleghi-genitori nordeuropei, meticciandolo con la cultura genitoriale che abbiamo appreso come figli, nipoti e genitori socializzati all’italiana.

Ulteriore passo, è quello di arrivare ad apprezzare e rivalorizzare certi aspetti della nostra cultura ad alta condivisione dell’emotività. Del resto qui di noi italiani si dice che siamo warm e temperamentvoll, ossia calorosi e pieni di temperamento. Credo che si riferiscano proprio a quello.

Insomma per adesso ho trovato il mio nuovo stile genitoriale all’europea, ancora in evoluzione e sono una mamma poco ansiosa (ma questo anche prima), che riconosce, ha fiducia e rispetta le competenze anche del più piccolo cucciolo di uomo, usa il dialogo e ascolta quello che i propri figli hanno da dire (solo fino alle ore 18:00), parla delle proprio emozioni e che quando stanca, si arrabbia, dice parolacce e urla.

mm
Silvia Bonapace è nata a Bologna nel 1983, è laureata in Psicologia ed è educatrice perinatale in formazione. Vive a Berlino col compagno e i figli dal 2013. In Italia ha collaborato con l’Università di Bologna in progetti di ricerca su benessere, disagio perinatale e maternità transculturale. Attualmente in Germania lavora con la comunità italiana, migrante e tedesca, occupandosi di sostegno psicologico, promozione della salute, empowerment nella genitorialità e nel percorso nascita. É socia fondatrice dell’associazione Salutare per la salute mentale degli italiani in Germania.
Segue la rubrica Genitori FuoriSede.