Cosa ci ha spinto a fondare Il Club dei Genitori (e questo blog)

Ci ha spinto la nostra esperienza di neo genitori, prima di tutto.

Ci ha spinto la consapevolezza che ad un certo punto i nove mesi sono finiti, sono finite le tenere fantasie ed è iniziata la “tenera” realtà.

Perché ti hanno preparata al fatto che il primo mese sarà durissimo, si questo lo sai molto bene, il problema è che si sono dimenticati di dirti che lo saranno anche i successivi 11-17 (mesi, ma forse anni).

Sei li col tenero fagottino che ti riempie il cuore e: con le lacrime perché piena di ormoni, con le borse sotto gli occhi perché ogni 3-2-1 ore mangia, i capelli arruffati, o legati, o con la ricrescita, o tutte e tre, i peli ovunque, il pigiama perenne, la pancia alla zuava, la casa esplosa, tutti che chiamano e non fai a tempo a soddisfare ogni interessato a visitare la creatura (questo solo il primo mese, poi spariscono tutti).

E se sei fortunata e allatti: allora tette doloranti, ragadi, bestemmie tra i denti quando ciuccia e notti insonni, con miliardi di dubbi sul tuo latte e il pediatra che nove volte su dieci ti dà l’aggiunta cosi si è alleggerito la coscienza. Oppure alle prese con biberon e sterilizzatori, però magari con la morte nel cuore per non essere riuscita ad allattare, oppure senza rimpianti ma comunque pensando di vendere un rene per ammortizzare il costo della formula.

Ma non finisce dopo un mese, anzi si può dire che inizia. Inizia a farsi sentire la stanchezza psicologica oltre che quella fisica. D’altronde tutti ti trattano come “Ehi l’hai voluta la bicicletta?” In ufficio pensano tu sia in vacanza, nessuno ti chiede come stai, solo come sta (la creatura), e vengono perché è tanto che non la vedono, ti inondano di consigli non richiesti, tuo marito vorrebbe pure che tu tornassi ai tuoi doveri coniugali, il “taglietto” ti ha stravolto diciamo cosi, e poi nel mentre dove la metto la creatura? L’unico momento in cui non ti senti una aliena è quando parli con altre neo mamme, e finalmente quel carico pesantissimo che hai sulle spalle sembra sparire e ritrovi tutta l’energia. Solo perché un altro essere vivente, come te, si rasserena parlando di cacca.

Le più fortunate hanno la mamma che si trasferisce o fa tutto, spesa, cucina, pulizie, ninne nanne, rimedi per le colichette. Si narra che alcune donne abbiano addirittura un marito che fa altrettanto, e in più le coccola, ma credo si tratti di leggenda metropolitana.

Da quando te lo porti a casa sono cavoli tuoi: che hai voluto la bicicletta, che sei tu la madre vuole te, che pensa come fanno quelle che ne hanno tre. Spariscono d’incanto tutti gli specialisti che avevano rassicurato la tua gravidanza e rimane solo il pediatra che ti liquida in 5 minuti, guardandoti dall’alto in basso mentre ti da qualche nozione di base che contraddice in tutto e per tutto quanto da te letto durante la gravidanza, lasciandoti perciò definitivamente senza uno straccio di terreno sotto ai piedi.

Sei quindi in balia dei negozi specializzati dove commesse assatanate ti rifilano ogni tipo di cosa non necessaria, ma almeno lo shopping ti rassicura, ti fa stare meglio, ti spiegano loro come una madre modello si prende cura di un figlio, e ti riempi la casa di mille surrogati che tuo figlio non degna di uno sguardo, perché gli frega solo di tetta e stop, e non ti risolvono neanche uno dei succitati problemi.

Alla fine arriva qualcuno che proferisce le sacre parole “ma come facevano eh le nostre nonne che mica c’erano tutti questi ausili che avete oggi voi mamme”.

Te lo dico io caro genio come facevano, avevano la fottutissima comunità di nonne, madri, sorelle, cugine, vicine di casa. Che arrivavano in squadra e facevano tutto loro. E c’erano già passate e avevano la saggezza. C’erano braccia che sostenevano, c’erano parole che nutrivano, c’erano gesti che servivano davvero.

Oggi ti chiudi alle spalle quella porta, al ritorno dall’ospedale, e diventa improvvisamente un tuo esclusivo fatto privato.

Con tutto ciò che questo comporta. A volte, non sempre, però a volte la solitudine si fa sentire, con il rimpianto delle serate tra amici, del tempo tutto per sé, degli interessi.

E’ per questo che vorremmo tessere un filo, una trama, che colleghi l’esperienza di neo genitori e quello che siamo stati fino a cinque minuti prima di entrare in sala travaglio, che riunisca insieme i nostri interessi, le passioni e i passatempi, il nostro essere donna e uomo oltre che madre e padre, che abbracci anche tutta la comunità di cui facciamo parte, nonostante l’isolamento che avere un figlio all’inizio porta con sé, e che ci ricongiunga infine al territorio su cui poggiamo, e di cui siamo a nostra volta figli.

Ecco perché abbiamo fondato Il Club dei Genitori.

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Il progetto Il Club dei Genitori nasce dall’incontro professionale e umano di alcune madri, provenienti da ambienti diversi ed accomunate da quell’enorme salto nel vuoto che è la maternità. Quando tutto cambia: prospettive, tempi, ruoli, equilibri, ed in poco tempo è necessario trovare un nuovo assetto e ricollocare ogni pezzo della propria vita per fare spazio al nuovo arrivato.